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A CUOPPO CUPO POCO PEPE CAPE ...e... POCO PEPE CAPE A CUOPPO CUPO

domenica 31 gennaio 2010

UN UOMO NON PUO', MA DOVREBBE

Cortigiano: gentiluomo di corte - Cortigiana: prostituta
Il cubista: artista seguace del cubismo - La cubista: prostituta
Uomo disponibile: tipo gentile e premuroso - Donna disponibile: prostituta
Segretario particolare: portaborse - Segretaria particolare: prostituta
Uomo di strada: uomo duro - Donna di strada: prostituta
Passeggiatore: chi passeggia, chi ama camminare - Passeggiatrice: prostituta
Uomo facile: con cui è facile vivere -Donna facile: prostituta
Zoccolo: calzatura in cui la suola è costituita da un unico pezzo di legno - Zoccola: prostituta
Peripatetico: seguace delle dottrine di Aristotele - Peripatetica: prostituta
Omaccio: uomo dal fisico robusto e dall'aspetto minaccioso - Donnaccia: prostituta
Un professionista: uno che conosce bene il suo lavoro - Una professionista: prostituta
Uomo pubblico: personaggio famoso, in vista - Donna pubblica: prostituta
Intrattenitore: uomo socievole, che tiene la scena, affabulatore - Intrattenitrice: prostituta
Adescatore: uno che coglie al volo persone e situazioni - Adescatrice: prostituta
Uomo senza morale: tipo dissoluto, asociale, spregiudicato – Donna senza morale: prostituta
Uomo molto sportivo: che pratica numerosi sport - Donna molto sportiva: prostituta
Uomo con un passato: chi ha avuto una vita, sconsiderata, ma degna di essere raccontata. – Donna con un passato: prostituta
Maiale: animale da fattoria - Maiala: prostituta
Uomo da poco: miserabile, da compatire - Donna da poco: prostituta
Un torello: un uomo molto forte - Una vacca: una prostituta
Accompagnatore: pianista che suona la base musicale - Accompagnatrice: prostituta
Uomo di malaffare: birbante, disonesto - Donna di malaffare: prostituta
Prezzolato: sicario - Prezzolata: prostituta
Buon uomo: probo, onesto - Buona donna: prostituta
Uomo allegro: un buontempone - Donna allegra: prostituta
Ometto: piccoletto, sgorbio inoffensivo - Donnina: prostituta

FONTE


Questo dizionario del genere femminile- qui riportato in versione ridotta- enumera le innumerevoli espressioni con le quali una donna può essere definita prostituta. Un uomo non può. Per un fatto semplice: il temine prostituto non esiste. Per definire un uomo che va con molte donne, un uomo dai facili costumi, un prostituto, insomma, si usano espressioni quali: don giovanni, macho, sciupafemmine, chiavettiere ... e cose così. Sinonimi questi non di perdizione quanto di virilità.

La questione qui riportata è più antica del mondo. Già la sappiamo tutti quanti, già l'abbiamo sviscerata, riviscerata, cucita e messa a posto. Senza mai venire a capo di niente.
Però c'è sempre un momento nella vita di ogni donna in cui si viene a fare i conti con questa questione. Si realizza, così, di punto in bianco, che un uomo che va con molte donne è un macho, mentre una donna che va con molti uomini è una zoccola. Inevitabilmente ci si chiede il perchè. Si chiede alla mamma, poi all'amica, poi alle amiche, poi allora agli amici, ai vicini di casa, al panettiere, al giornalaio, al ragazzo della bancarella, alla sarta, alla parrucchiera, al parrucchiere, al sarto, ai professori. Resti tu e la tua domanda. Sole, in una solitudine che solo una domanda priva di risposta ti sa dare.
Cresci con questa domanda appesa al collo. Poi arrivano gli anni, quelli passati più quello presente fanno 30. Realizzi che adesso potresti essere tu quella mamma, quel professore, quell'adulto a cui si potrebbe rivolgere un'adolescente che cerca la risposta a quella domanda. E che dici? Cribbio in tanti anni non ho trovato una spiegazione plausibile a questa cosa che non so neanche definire. Una spiegazione plausibile, questo ti serve! Perchè di spiegazioni ce ne sono, ma sono tutte o tristi o assurde. Ne ho sentita una tempo fa -molto tempo fa- che era triste e assurda insieme: eh perchè l'uomo è cacciatore, la donna invece deve essere preda. A questa frase seguì un ghigno.
Quanto mi ci tormentai su quel ghigno ... manco una coltellata m'avrebbe a tal punto ferita. Qualcuno mi aveva tolto la speranza di essere cacciatrice, artefice della mia vita emotiva e sessuale, rispingendomi nel ruolo di preda passiva, una banderuola vivente e respirante e, peggio ancora, pensante e desiderante. E lo aveva fatto ghignando.

Da allora non ho più ghignato, neanche nelle situazioni che lo richiedevano.

sabato 30 gennaio 2010

DUE PARI - X


Dicono che il salto sia possibile solo a piè pari. Che a tre si ruzzoli vorticosamente perdendo in un secondo tutto il cammino che si era fatto. Dicono che i piedi devono toccare terra in simultanea, non è concesso a nessun piede di atterrare prima dell’altro. Se un piede tocca terra mentre l’altro è ancora in preda all’aire, il primo riceverà in un sol colpo il peso di tutto il corpo più il peso dell’altro piede che ancora volteggia meno l'ausilio di quest'ultimo nel ricevere la botta. Dicono che nell’atterrare ci si debba piegare dolcemente sulle ginocchia, chi tocca terra a gambe tese rischia. Rischia colonna, caviglie e ginocchi. Dicono che nel salto siano implicate anche le braccia. Seppure sono le gambe a concederci il salto, sono le braccia a permetterne la riuscita. La buona riuscita, s’intende. Le braccia bilanciano l’atto, le braccia tese, precisamente. Le braccia tese a mo’ d’ali, per esser cavillosi. D’altronde un salto è un semi-volo, un volo cortocorto. Si decolla e si atterra nel giro di millesimi, guadagnando strada e una boccata più pulita. Ma sui piedi si deve atterrare, su due piedi. Pari. X.

venerdì 29 gennaio 2010

DALLA PARTE DEI COSINI

Esempio di abitino cui sono stati rimossi sia il cosino che il cartellino


Quei cosini di plastica bianca, quelli che sorreggono i cartellini di un abitino nuovo appena comprato. Quelli impediscono ai cartellini di schiantarsi al suolo ogni qual volta si prova ad attaccare un cartellino ad un abitino privo di cosino. Quei cosini di plastica bianca, quelli sicuramente avranno un nome proprio di cosa. Un nome che nessuno conosce tanta è l’indifferenza con cui ognuno di quei cosini viene stretto tra i denti, morsicato e gettato via assieme ai cartellini. Eppure sono un ottimo sostegno per i cartellini che, altrimenti, non potrebbero accompagnare gli abitini nuovi appena comprati. Non trovano altro uso quei cosini bianchi, per questo in un'ipotetica classifica delle cose più indispensabili all’ uomo, quei si trovano sempre agli ultimi posti. D’altronde ogni uomo riuscirebbe facilmente a sopravvivere anche senza cartellini … figuriamoci senza cosini.

Cosini bianchi dunque, creati solo ed unicamente per i cartellini: non c’è cartellino senza cosino. Mentre qualche cosino senza cartellino pure si trova. Ovviamente se lo si trova vuol dire che un misterioso qualcuno ha interferito nell’ordine naturale delle cose, cambiando l’ordine degli addendi: un cosino spoglio di cartellino può verificarsi solo a seguito di un errore o di una manomissione. E l’errore può essere solo che umano e la manomissione anche. Una mano irruenta ha provocato il distacco del cartellino! Forse lo ha strappato apposta!! Ha lacerato il cerchietto che permette al cosino di sorreggere il cartellino. Il cartellino ha vibrato, di risposta anche il cosino bianco ha vibrato. Una vibrazione di troppo ed eccoti il cartellino per terra. Il cartellino precipita e, precipitando, lascia sopra di sé il cosino bianco che da quel momento non troverà più ragion d’essere. Presa coscienza del misfatto, il piede di quella mano ha calciato il cartellino fin dove dove occhio umano non vede. Lo ha nascosto. Agli altri come a se stesso. Unica prova dell’esistenza di quel cartellino il cosino bianco che pende, inutile, da un abitino nuovo appena comprato.

Addio cartellino, addio cosino bianco di plastica.

RICEVO E PUBBLICO: AAA - Autenticatori cercasi per poter presentare le liste Bonino-Pannella alle prossime elezioni RegionaliCondividi


Da tempo abbiamo annunciato la volontà di presentare in tutta Italia le Liste Bonino-Pannella alle prossime elezioni Regionali. L’assenza di democrazia e di stato di diritto non rende pero’ affatto scontato che i cittadini potranno scegliere se votarci. Dovremo infatti raccogliere in meno di un mese quasi 160.000 firme in tutta Italia, oltre 1500 in ogni provincia.
Dovremo farlo mentre la RAI non informa i cittadini di questa necessità, tanto gli altri partiti le firme le raccolgono nell’ombra e al di fuori delle regole; senza poter contare sulle migliaia di sedi che tutti gli altri hanno accumulato in questi 30 anni di finanziamenti pubblici ai partiti; senza quelle ramificazioni clientelari e partitocratiche cui noi Radicali abbiamo da sempre rinunciato.
La presenza delle Liste Bonino-Pannella dipende dall’aiuto che ci verrà da persone come te. Puoi essere determinante, ma abbiamo poco tempo.

Per sottoscrivere una lista occorre per legge la presenza di un autenticatore. Questo è uno dei maggiori ostacoli per la raccolta delle firme.

http://autenticatori.boninopannella.it


Chi sono gli autenticatori? Potresti essere tu. O, se ci pensi bene, tra i tuoi amici o familiari, c’è probabilmente qualcuno che puo’ farlo.
La legge infatti attribuisce questa funzione a notai, giudici di pace, funzionari comunali e provinciali, cancellieri di Corte d'Appello, Tribunale, Pretura e Procura, sindaci, assessori, consiglieri comunali e provinciali. Si tratta di decine di migliaia di persone. Comunicaci la tua disponibilità, o quella delle persone che conosci e che possono farlo:

http://autenticatori.boninopannella.it

Non rassegniamoci a chi, negando diritto e diritti, vuole decidere per tutti.

Diamoci una mano
Mario Staderini
Segretario di Radicali Italiani

martedì 26 gennaio 2010

Gf10, espulsione per bestemmia: inculati i fanti ma lascia stare i santi

Sentenza Corte Costituzionale n. 440 del 18 ottobre 1995
«Bestemmia: illegittimità costituzionale dell'articolo 724, comma primo, del codice penale»

[...]"Da ultimo, la sentenza n. 925 del 1988, che rappresenta il punto di partenza per l'esame della questione ora riproposta alla Corte costituzionale, dichiara non fondato il dubbio di costituzionalità sulla vigente disciplina della bestemmia, ma in base a diverse affermazioni di principio che accantonano l'argomento numerico, sul quale fino ad allora si era motivato per escludere la violazione del principio di uguaglianza: "'la limitazione della previsione legislativa alle offese contro la religione cattolica' non può continuare a giustificarsi con l'appartenenza ad essa della "quasi totalità" dei cittadini italiani .. e nemmeno con l'esigenza di tutelare il sentimento religioso della 'maggior parte della popolazione italiana' .. : non tanto vi si oppongono ragioni di ordine statistico (comunque sia la religione cattolica resta la più seguita in Italia), quanto ragioni di ordine normativo." [...]

'Ci sono dei limiti che non possono essere superati': così ieri sera Alessia Marcuzzi ha tentato di giustificare l'espulsione per bestemmia di un concorrente del Gf10, concludendo con la solta zorfa della sensibilità dei fedeli cristiano-cattolici -che sgocciola solo se l'offeso non è di questo mondo.
Io me li ricordo i fedeli, mi ricordo dei più
incalliti, i quasi fanatici dell'aldilà. Me li ricordo, assetati di vendetta, difendere un prete accusato di molestie. Me li ricordo i fedeli, e a volte mi ricordo pure di qualche prete e di certi Vescovi Monsignori.
Ma il Gf è lo specchio di questa trista nostra rialtà, ed è giusto dirlo, quasi doveroso. Anzi bisognerebbe proprio far scorrere un messaggio di allerta! in sovraimpressione:
"attenzione questo programma è lo specchio della nostra realtà. Potreste dunque trovarvi ad assistere a: voli di schiaffi e valigie, vicendevoli insulti, battibecchi pieni d'odio, crisi isteriche. Pertanto la visione del programma è limitata al solo pubblico adulto. Mettete a letto i bambini, ai cattolici ci pensiamo noi."

lunedì 25 gennaio 2010

Femminicidio - Feminicide - Action for women - di B. Atzori, P. Lipari, S. Orlandi, S. Polito



" […] Lei aveva usato tutta la sua forza per ribellarsi, era cattiva e grintosa, ma forse, non abbastanza. Il sentire una cosa estranea e rifiutata dentro se stessa, e per la prima volta, le fece provare un irrefrenabile impulso di vomitare. Avrebbe voluto morire lì fuori, piuttosto che farsi uccidere dentro. […] Proprio quando si accorse che il freddo era penetrato nel suo flebile corpo una macchina si fermò. Era un uomo stanco e anziano, dall’accento lento e dai modi raffinati. Non servì nessun racconto, il signore capì il passato guardando i vestiti squarciati, e lo sguardo rassegnato di chi vorrebbe bruciare il mondo ma è troppo spaventato per accendere un fuoco. Adesso, dentro a quella macchina, Amelia capì che nel mondo esistevano due tipi di carnefici: quelli bestiali, che usano la forza per spezzarti, e quelli cerebrali, che usano il cervello per mandarti dai primi. "
Da “ Lo stupro” Asia Emme

venerdì 22 gennaio 2010

"Ti offenderesti se qualcuno ti chiamasse un tentativo"

Poco fa qualcuno, anzi credo proprio qualcuna, è arrivato sul mio blog cercando:
'verginità femminile invenzione per sottomettere le donne', con tanto di punto interrogativo tipo questo: ?
'Mhm mhm' -mi son detta- 'interessante quesito'. 'Ma in che modo la nostra verginità ci renderebbe sottomesse?' -ho continuato- 'ma soprattutto, cosa s'intende qui per "invenzione"?'
A me la verginità femminile, proprio al pari di quella maschile, non risulta essere un'invenzione, quanto un fatto anatomicamente dato seppur suscettibile di modifiche.
Dunque l'invenzione non sta nella verginità in sè, quanto in ciò che essa rappresenta. Ma non per le donne, quanto -stanamente- per tutto il resto dell'umanità.
La verginità femminile, per tutti quelli altro dalle femmine, è misura di decenza, moralità, onestà. In base all'eta in cui la si perde si può essere giudicate: donne compite, troppo sveglie, frigide o tardone -quale poi tra questi tipi di donna sia quella giusta non è un contetto assoluto, bensì è questione di moda del momento: ora attizza la casta, ora la troia, ora la finta troia, ora la finata casta.
Eccola qua allora l'invenzione. Ecco cosa sottomette la donna: l'intrusione del giudizio altrui tra le più intime delle pareti. Vadasecchè una tale intrusione non può avvenire senza conseguenze, miriadi di conseguenze, almeno una per ogni donna esistente. Una su tutte le difficoltà con cui le donne sperimentano il proprio corpo e la propria sessualità, quasi fosse cosa di cui poter godere solo previa accetazione altrui. Questo se da una parte ci permettere di conoscere, di volta in volta, come cambia -se cambia- la concezione che si ha della verginità femmile, dall'altra ci impedisce, come da sempre ci ha impedito, di comprendere cosa rappresenti tale verginità per le donne. Ai tempi in cui la donna che arrivava svergine al matrimonio rischiava quasi il rogo o la lapidazione, cosa faceva sì che la maggior parte delle donne si conservassero caste e pure fino al dì delle nozze? E quando poi si è passate da questa castità quasi perpetua al famolo a tutti costi, quale volontà ha sotteso tale cambiamento? E la volontà di chi?

giovedì 21 gennaio 2010

ARET' 'E MMUR'

Se vedi dietro un muro un cuore giallo
Che dietro al muro solo se ne sta
Chiedigli se è solo per miraggio
Che vedi che nun sape c’ha da fa!

Se dice che sei l’unica a vederlo
Vuol dire che quel giallo ti appartiene
Che il cuore dietro al muro è il cuore tuo
e ch’ sì tu a nun sapè ch’ fa!

Allora tuornatenne sott’ ‘o lietto
Purtannete ‘nu libro e ‘nu lumino
Fa’ finta, comme ‘nmiez ‘a nu ciardino,
ca è ‘o sole ca te sta sbattenno ‘m’pietto.

Convinciti che il tuo ti basta e avanza
Che quello che non hai non fa sostanza
Che il cuore, il giallo, il letto e il tuo giardino
Fanno di ogni un muro un canarino.

lunedì 18 gennaio 2010

E lasciamo stare chè oggi la giornata è storta

E' iniziata storta, con la sveglia che suona basso e tu che arrivi tardi. Col dovere che ti chiama sempre nel momento meno opportuto e tu, che in verità vorresti essere altrove e ci pensi e ripensi ma hai paura, per dovere rispondi presente. Ma presente non sei e tutti va a rotoli.
Poi l'ascensore, quella che non chiama mai. Poi la pappa che pronta a tavola puoi solo che desiderarla. Poi il dovere, ancora, imperterrito: presente! Poi la stampante che non stampa, perchè lei se lo può permettere di sottrarsi al proprio dovere, anche se uno ne tiene!
Poi il blog, il diritto al lamento! Sedersi e lagnarsi, frignare, frignare, friganre, frignare, frignare, frignare, frignare, frignare ...

domenica 17 gennaio 2010

venerdì 15 gennaio 2010

BUONA PADANIA A TUTTI

SE LA GIORNATA E' VENTOSA ANCHE IL CANE E' NERVOSO

Il cucuzzolo del vesuvio è ancora innevato. Sul cucuzzolo nevica mentre ai piedi del monte la pioggia, clemente, ha ceduto il passo al vento. Il vento è un agente scomodo, soffia e fa rumore, sposta l'aria e l'aria ti spettina i capelli e i capelli si aggrappano ai pensieri confondendo-li/teli.

I vecchi soffrono il vento in modo particolare. Evidentemente risentono del fatto che tutto intorno a loro si muove e non sta fermo; del rumore anche, forse. Non saprei, so solo che quando c'era vento mia nonna era nervosa, tanto che fino a poco tempo fa ero convinta che fossero i nervi tesi di mia nonna a provocare il vento e non il contrario. Poi nonna ha smesso di innervosirsi, così, semplicemente, naturalmente, e allora, vedendo che il vento continuava a verificarsi anche senza i suoi nervi, ho dovuto arrendermi all'idea che era proprio quel soffiare continuo ad innervosirla.

Però, da quando mia nonna ha smesso di agitare al vento il suo nervoso, ha iniziato il cane. Il mio cucciolo, -cucciolo solo di taglia, dal momento che tra qualche giorno leccherà la sua nona candelina (in foto, mentre si atteggia a cane-bastardo)- questo mio cucciolo, dicevo, già da qualche settimana dava segni di squilibrio: sempre agitato, nervoso e tendente all' isolamento. Tali (in)sofferenze sono sfociate dopo poco tempo in pratiche di autolesionismo, indirizzate unicamente alla zampa posteriore sx.
Poi è arrivato il vento.
Il vento l'ha sospinto nuovamente tra noi, è tornato a scodinzolare di quando in quando e ha abbandonato certi intenti psicotici che potevano renderlo monco. Così tutti noi di famiglia siamo tornati a goderne, fino alla trista scoperta: i tormenti contaminano e consumano un corpo animale proprio come fanno con uno umano. Si nascondono alla luce salvo poi tornare agguerriti e spietati col buio. Questo è quanto sta accadendo nella vita emotiva del mio cucciolo: quando il bagliore del cielo si affievolisce e tutto intorno tace e il rumore del vento si ode chiaro, preso dalla rabbia di non poter sognare o dall'amrezza di non riuscirvi più, si arrende alle sole emozioni che può, quelle che di notte aspettano all'uscio del sonno.

Il mio cucciolo però non sa parlare (gliel'ho sempre detto io: 'uagliò, a te ti manca solo la parola!) e quando è preso da questi sconforti mi si avvicina e mi guarda, ma se provo a ricambiare lo sguardo lui si scatena di rabbia. I suoi tormenti non li conosco, non li posso neanche immaginare -mi ha detto il medico-, i suoi tormenti sono fuori dalla nostra portata, non contengono eventi, neanche ricordi, non vanno per immagini nè per suoni. E allora cosa resta?
'Nu sciummo addò è difficile 'a c'arrivà.

giovedì 14 gennaio 2010

IL TEMPO DELLE DONNE NON E' MAI ARRIVATO PERCHE' NON PUO'

Ieri su FB si parlava del post di cui sotto, in breve: l'intento dell'Onu di andare all'eliminazione della violenza contro le donne entro il 2015 - tra 5 anni; vi si auspica, inoltre, la creazione di un fondo pubblico per il risarcimento delle donne vittime di violenza, costituito dal sequestro dei beni degli autori dei crimini, con modalità eque verso le loro famiglie incolpevoli.
Dal dibattito - tutto al femminile- è emerso, in breve, un certo pessimismo circa i tempi entro i quali dovremmo arrivare a cancellare definitivamente il più bruto dei crimini: la violenza sulle donne, frutto della concezione che l'uomo ha del suo corpo, è questione atavica, difficile da rimuove difficile da rimuovere anche nelle menti che, di primo acchito,sembrano illuminate ed aperte al cambiamento; d'altronde, se si pensa che fino a pochi anni fa il reato di violenza sessuale era contro la morale e non contro la persona ... Non sono mancati commenti di autocritica: siamo forse anche noi donne-madri corresponsabili della squilibrata percezione della figura femminile risultando incapaci di educare i nostri figli al rispetto dell'altra?

Cose già dette, domande già poste, ragionamenti già triti, destinati a ripetersi -ho le prove!!! - senza pericolo di scadere.

Fingendo un ottimismo che non mi appartiene e delle speranze che adesso non trovo più, ho dibattuto limitandomi ad esortazioni del tipo 'non mettiamo limiti alla provvidenza' -pur cedendo ai soliti toni pessimisti che da sempre mi contraddistinguono.
Così detto, si è spento il dibattito. Fino alla sera, nel senso che alla sera ho continuato a dibattere prima col Munaciello poi da sola con me stessa - e mi sono arricriata!

Le Iene, servizio sulle conseguenze del precedente servizio sul prete a luci rosse. La reazione dei fedeli all'allontanamento del parroco la dice lunga, le espressioni usate da chiunque sia stato intervistato sono tipiche, sembrano dei proverbi, dei detti antichi. Uomini e donne si affanno per salvare la reputazione del parroco a scapito di quella della vittima: "l'hanno calunniato, le femmine sono così", "a parte che non c'è stato niente di grave, una cosa lieve non è che ha avuto un rapporto", "quello che ha detto quella ragazza è tutto falso", "l'ha fatto anche alla figlia di una mia carissima amica, ha fatto delle benedizioni", "se queste ragazze era turbate potevano dimostrare il loro turbamento senza andarsene, forse così l'avremmo aiutato".
Avrete notato che alcune di queste perle vengono pronunciate da soggetti di sesso femminile.
Le donne, queste benedette donne, tutte potenziali vittime di chicchessia, tutte spietate complici di ogni violenza. Costoro ci immobilizzano in questo pantano di violenza e subordinazione. Allora non siamo noi complici di tale imparità, siamo le artefici prime: siamo le veline, i soprammobili, le incubatrici, perchè così reputiamo noi per prime l'altra!

mercoledì 13 gennaio 2010

VINCENZO DE PRETORE

Questo video mi è costato sudore e fatica, fatica e sudore, e anche una certa 'dose' di ansia - inspigabile-. Giorni e notti, notti e giorni a montare, rimontare, tagliare e aggiungere: far coincidere le battute dell'amico Luca con quelle della poesia: che idea assurda quel dì mi venne!
" Ma quann' 'a capa parte ... 'a capa è capa, che è fatta treno? "
Il risultato mi è sconosciuto. Non ho più visto il video dopo averlo pubblicato sul mio PC.

Ditemi voi, ma siate clementi o, almeno, abbiate piatà.

Il tempo delle donne non è quello degli uomini. Diritto al risarcimento pubblico per le donne vittime di violenza sessuata

RICEVO E PUBBLICO
In Italia non si parla più della
legge organica contro le violenze sessuate.
Eppure il vuoto legislativo si evince proprio nel capitolo “pericolosità sociale”,
lì sta il perché del richiamo della Corte Europea sulla libertà concessa ad un femminicida che ha poi ucciso ancora.
Il tempo delle donne non è quello degli uomini.
Il Parlamento dovrà prenderne atto ed intanto riconoscere per legge il diritto delle vittime di violenza sessuata al risarcimento pubblico.


Il 2015 viene indicato dall’ONU come l’anno nel quale gli Stati membri dovranno andare all’eliminazione della violenza contro le donne.
Le risoluzioni per l’attuazione degli obiettivi posti dalla CEDAW (convenzione per l’eliminazione delle discriminazioni contro le donne), di cui nel 2009 è ricorso il trentennale, sono state sottoscritte dall’Italia.
A quella sottoscrizione non sono seguite misure parlamentari e di governo a conferma della priorità dell’impegno per l’eliminazione dei meccanismi che determinano la discriminazione delle donne.
L’eliminazione della violenza degli uomini sulle donne, in tutte le risoluzioni dell’ONU, recepite dall’Europa, è indicato come obiettivo centrale e prodromico all’abolizione delle subalternità del genere femminile.
In Italia le donne e il femminismo organizzato hanno costituito una rete politica e solidale; da quell’esperienza hanno espresso il punto di vista fondato sulla consapevolezza dei diritti ed hanno spostato i traguardi per la realizzazione della democrazia.
Dalla modifica del codice Rocco fino al riconoscimento del reato Stalking, le argomentazioni del movimento delle donne per l’eliminazione della violenza degli uomini sulle donne sono state “interpretate” riduttivamente dalla politica Italiana, che è storicamente indifferente alla rivendicazione di una legge organica.
Questa indifferenza fattuale a considerare il fenomeno nella sua reale dimensione, ha prodotto uno spezzettamento teorico di comodo del fenomeno che, anche dal punto di vista lessicale, dissimula che la violenza sessuata (degli uomini sulle donne e sulla prole) è una modalità dalla radice unica, e cioè che è l’espressione e l’affermazione dell’asimmetria di potere tra generi, presente in ogni segmento dell’articolazione dei rapporti socio-economici.
Abbiamo, infatti, diverse classificazioni di un unico reato, facendolo apparire come tale solo quando è stupro di strada, modulandone negli altri casi la nomenclatura in relazione al luogo dove si perpetra il crimine: bullismo nelle scuole, mobbing sessuale sui posti di lavoro, delitto passionale, violenza domestica, omicidio tribale, prostituzione coatta, prostituzione minorile e via dicendo.
L’elaborazione dei movimenti femministi e dei centri antiviolenza ha permesso di vedere in modo chiaro nelle radici del problema, che è strutturale, e nella diffusione, che ne fa un fenomeno socio-criminale.
È da quell’elaborazione che la politica ha preso la terminologia politicamente attribuita al fenomeno, senza nominare le fonti. E’ infatti da quell’elaborazione che attinge definizioni e le svuota del loro significato, per legittimare interventi che non disturbano il perpetuarsi della violenza. Va detto inoltre la prevenzione, che normalmente è prevista per ogni reato, non è mai presa in esame.
Quella che oggi anche i Governi chiamano rete antiviolenza, è costituita per lo più da iniziative messe in campo dalle donne, preesistenti alla presa in carico del problema da parte dello Stato, per altro recentissima.
La rete antiviolenza è un’invenzione femminile, che appunto ha preceduto lo Stato, autofinanziandosi e gestendosi con mezzi commisurati appunto alla possibilità delle donne che lo gestivano. Doveva forzatamente limitarsi ad azioni ex post, cioè a violenza avvenuta.
Lo Stato, sul danno avvenuto, investendosi, formalmente, del crimine e delle vittime, non ha però aggiunto nulla a quanto le donne già facevano. Ne rivendica semplicemente l’azione come propria.
Dalla lettura delle leggi finanziarie si evince l’irrisorietà dei finanziamenti e quindi l’irrilevanza attribuita alle vite delle donne.
Questo comportamento diventa difficile da giustificare di fronte all’enfasi con la quale i politici sostengono di avere volontà di intervenire sul problema.
Difficile da giustificare, ma si giustifica, a dispetto delle intelligenze, contabilizzando nelle risorse impiegate contro le violenze sulle donne, fondi normalmente destinati ad altri scopi, come la repressione verso gli immigrati.
Infatti Il contrasto pubblico alle violenze è stato pretesto per operazioni di ordine pubblico, che come si può osservare non hanno modificato significativamente i dati di sempre, neanche negli stupri di strada.
Questa politica che non destina risorse e che non vuole nei fatti affrontare il problema, di cui è stata costretta ad occuparsi, cerca di difendersi anche da una crescita delle denunce dei crimini nelle mura domestiche. Vediamo infatti che l’azione fatta dalle donne per incoraggiare le denunce, ha come interfaccia governativa la produzione di spot televisivi e cartacei che (fastidiosamente imbevuti di retorica sulle cittadine rappresentate come fiori) comunicano senza alcuna possibilità di altra interpretazione che la responsabilità principale è proprio delle vittime che non “hanno il coraggio” di denunciare.
Va allora detto che il contesto attuale, che non ha mai smesso di sottintendere la sottomissione femminile, davvero richiede molto coraggio alle vittime. Dopo la denuncia spesso le donne si trovano ugualmente minacciate, più povere e senza casa, mentre i colpevoli raramente cambiano condizione.


Intanto, nella difficoltà di quantificare il reale impiego dei fondi comunque erogati, non si comprende come e dove questi vengano assegnati, vista la precarietà nella quale vivono gli insufficienti servizi tenuti in essere dalla volontà delle donne.
L’unica certezza è che, sotto diverse forme, fondi pubblici vengono assegnati ad alcune realtà religiose che si occupano invece di donne bisognose, in procinto di abortire, ragazze madri (desta una certa indignazione la riscoperta di questa locuzione in luogo di “madri capofamiglia”), poi conteggiate nella rete antiviolenza, per la cronica mancanza di fondi.
In questa prospettiva si vedono improvvisare sportelli, centri, case di accoglienza che non danno alcuna garanzia di rispetto dei protocolli riconosciuti per l’accompagnamento delle vittime in un percorso di autodeterminazione.
Si vede crescere l’antiviolenza come affare e occasione di clientelismo politico. In questa prospettiva, ancora, si è aperto il fronte arcaico della beneficenza e delle donazioni su cui è difficile stabilire un benché minimo controllo.


Questo spaccato, che solo in parte descrive lo scarso effettivo interesse della politica Italiana a contrastare la violenza sessuata, prefigura la prospettiva di un sempre crescente ritardo di fronte alle cittadine e sulla scena mondiale al 2015.
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Il punto di oggi non è più dimostrare che la violenza esiste perché un genere la impone all’altro, al di là delle convinzioni dei singoli politici o dei singoli cittadini, ma anche, perché no, al di là delle convinzioni di donne che pur avvertendo la tortura cui sono sottoposte non possono poi decidere che altre e le proprie figlie la subiscano tramandando un crimine che è insieme un privilegio.
Il punto di oggi è che di fronte a quanto accade e può accadere ad ogni donna, lo Stato Italiano, pur considerando ufficialmente la violenza sessuata un crimine, ancora vi si pone di fronte non avvertendo il proprio obbligo a garantire il rispetto un diritto umano.
Non si tratta per la politica di governare i sentimenti, perché non le compete e perchè questo attiene alle libertà individuali: si tratta di impedire che questi sentimenti e le convinzioni personali abbiano la forma e peso politici che condizionano la legalità verso le cittadine Italiane e verso i paesi coi quali si tratta e si scambia.

Se siamo ancora al punto in cui lo Stato, su un crimine che dimezza e a volte annulla il diritto di cittadinanza femminile, si limita ad auspicare pubblicamente buoni sentimenti, tollerando nei fatti pratiche femminicide, sarà il movimento organizzato delle donne a dover ingaggiare azioni necessarie ad uscire dalla logica del semplice riparo al danno avvenuto e del semplice riconoscimento che il crimine c’è.
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Facendo un paragone incongruo, ma commisurato alla capacità di comprendere del livello politico attuale, non c’è che da chiedersi quale credibilità potrebbero reclamare un Governo ed uno Stato che di fronte alle mafie si comportassero in modo analogo a quanto agiscono verso le violenze commesse sulle donne.
Se pure la violenza sessuata ha carattere più distruttivo delle mafie perché attraversa tutte le condizioni e tutti i livelli di potere, va affrontata dal potere politico almeno per quanto si fa per le mafie.

Più delle mafie la violenza espressa sulle donne corrompe, sposta risorse economiche, crea situazioni patrimoniali illegittime, blocca interi segmenti dell’economia. Più delle mafie fidelizza e condiziona consensi, è fonte di ricatto e limita la democrazia. Più delle mafie condiziona e distorce i rapporti politici.
Si tratta insomma di un fenomeno criminale che per carattere strutturale, diffusione e ripercussioni costituisce pericolosità pubblica e sociale.
Più che per le mafie, anche di fronte alle scadenze della legalità internazionale nell’incontro tra le culture, deve essere reso visibile e non equivocabile l’interesse superiore della Nazione all’eliminazione della violenza sessuata.

Gli Stati e lo Stato Italiano hanno una strada obbligata per acquisire credibilità nella lotta al crimine: compiere gesti onerosi e significativi.
Sul modello che ha affermato l’interesse superiore dello Stato a combattere le mafie, va almeno e necessariamente riconosciuto il diritto al risarcimento delle vittime di violenza sessuata.
La creazione di un congruo fondo pubblico per il risarcimento, costituito dal sequestro dei beni degli autori dei crimini, con modalità eque verso le loro famiglie incolpevoli, costituisce ormai una tappa obbligata e percorribile.



Udi di Napoli, Associazione Maddalena, Associazione donne medico, Arcidonna, Comitato 194, DonneSuDonne, Centro EVA, Elvira Reale, Simona Ricciardelli, Ersilia Salvato, Elena Coccia, Maria Giorgia De Gennaro, Maria Pia de Riso, Angela Cortese, Annamaria Spina, Giovanna Crivelli, Udi di Catania, Carla Cantatore, Spazio Aspasia, Annalisa Marino, DonneSuDonne, Controviolenzadonne, Carmela de Santo, Rosetta Papa, Arcilesbica-Le Maree, Lidia Menapace



Napoli, Dicembre 2009

domenica 10 gennaio 2010

Si aprirono armadi, si chiusero finestre … e i portoni… ah i portoni!

Fino a quel giorno non ero mai riuscita a stare in piedi, perdevo il fiato ogni volta che, puntati i piedi, drizzavo la schiena. Risedevo sotto il peso di una vertigine.
I movimenti erano lenti e confusi, e, privi di finalità, non facevano rumore.
Prima di quel giorno non mi affannavo in disegni pesanti, non contavo le ore, solo i giorni e le notti. Il sonno arrivava sempre, dolce, ma quello che poi si scatenava una volta liberati gli occhi resta ancora oggi un fenomeno incompreso. Il risveglio puntuale, senza rancore. Qualche pensiero, lasciato a riposare ancora sotto il cuscino, mi permetteva di ritrovarlo alla sera già tiepido. Il sole sorgeva e poi tramontava e quando risorgeva mi trovava già lì. Tutto filava liscio, in una quotidianità più che banale. E io credevo ancora nelle matite: ‘A noi lasciasti le mani per accarezzarci ’: da un albero rinasce una donna e nell’albero questa muore.

Poi un giorno qualcuno mi guardò, occhi negli occhi, non mi riconobbe e attaccò. Schegge di matita tutt’in terra. Fogli su fogli. Un vento gelido che non trovò più riposo.
Era l’ultima vertigine.

sabato 9 gennaio 2010

Libmagazine 10/04/08 – Le relazioni pericolose, ovvero si vive una volta sola, e qualcuno neanche quella. (di M.Cangiano e A.N.Maragò)

Che vita strana, che strana vita la nostra. Più la si vive, più questa sembra somigliare ad un film. Tutte le storie che intorno a noi fioriscono, s’intrecciano e si consumano sembrano tutte già scritte, già viste, compresi i personaggi, certi dialoghi e certi atteggiamenti; solo l’epilogo ci sfugge, sempre. Sì, l’epilogo mantiene sempre quel gustosissimo effetto sorpresa che guai se risultasse già scritto! Anche se, a differenza di quanto accade vedendo un film, quello che proviamo seguendo il racconto di una storia vera, di cui non apprezziamo la sorpresa finale, ci scombussola, spesso ci avvilisce e ci fa venir voglia di tenere gli occhi chiusi, strizzati fino alle lacrime, perché sappiamo che il regista di quella storia, se c’è, non abita questa terra e che quello che abbiamo appena visto non si svilirà tra i titoli di coda. Ma precisamente di cosa parliamo? Di quale vita? Di quale film? La vita è quella di Jennifer Zacconi, il film è quello di Woody Allen, Match Point. Le due storie sembrano somigliarsi almeno nell’intreccio amoroso che fa da motore alla vicenda, nella drammatica sorte che tocca a Nola Rice, protagonista del film, e a Jennifer. E nell’errore, o meglio, gli errori che entrambe pagheranno con la vita. L’intreccio amoroso è dei più banali: un marito, una moglie, un’amante. La triste sorte è ampiamente prevedibile se s’immagina un’amante gravida; starebbe poi alla sensibilità, alla maturità e al rispetto che l’uomo nutre per se stesso e per le donne di cui si è fatto carico, indirizzare l’epilogo in una direzione piuttosto che in un’altra. In entrambi i casi ci troviamo al cospetto di uomini troppo vigliacchi per affrontare le ire della moglie, troppo meschini per accorgersi in tempo di aver dato inizio ad un gioco molto più grande di loro e di cui hanno perso il controllo nel momento in cui, probabilmente per distrazione, hanno dato vita ad un’altra vita.
Al cospetto di tali uomini l’epilogo non può essere che tragico.
Il vicolo è cieco, bisogna sbarazzarsi dell’amante a costo di seppellire con lei anche il nascituro. Ed è questo che accade, in entrambi i casi, ad entrambe le donne. Gli errori a questo punto sono palesi: innamorarsi di un uomo sposato, riempire questa relazione di aspettative che, la storia c’insegna, verranno inevitabilmente disilluse, e infine decidere di portare avanti una gravidanza sì tanto scomoda per il partner. Ma quest’ultimo non dovrebbe essere considerato un errore, bensì un atto di coraggio, di devozione verso una nuova vita. Alla luce dei fatti, però, dobbiamo considerarlo un errore fatale.
Ma, come già anticipato, è sempre l’epilogo a sorprendere, a tracciare la differenza tra il falso e il vero. Difatti, mentre Chris Wilton esce impunito dalla vicenda narrata nella sceneggiatura di Allen grazie ad un fortuito incastrarsi di eventi, l’assassino reo confesso di Jennifer, Lucio Niero, già padre di due figli, viene condannato dal GUP di Venezia a trent’anni di reclusione. Quindi, probabilmente, quando Niero avrà terminato di scontare la sua pena, i suoi figli saranno a loro volta genitori, genitori migliori di lui e per nulla disposti a riconoscerlo come padre. Non potrà continuare la sua vita come se nulla mai fosse successo, rimuovendo dalla memoria il ricordo scomodo di questi fatti tragici, come il protagonista del film. Nulla potranno le scuse, nulla il perdono. Del resto, come chiamare ‘padre’ un individuo che senza alcuno scrupolo ha strangolato e poi seppellito viva una giovane donna di appena vent’anni, debole e del tutto indifesa perché all’ultimo mese di gravidanza? Trent’anni non sono pochi, certo, ma anche nel suo caso non si può dire che la fortuna non abbia fatto il suo gioco. Ci si sarebbe aspettati che venisse condannato all’ergastolo, come richiesto dal Pubblico Ministero. E invece il giudice dell’udienza preliminare Giuliana Galasso, pur riconoscendo l’aggravante della crudeltà, ha escluso la premeditazione nel delitto: quindi Jennifer è stata gettata in una fossa, è stata sepolta mentre - come è emerso dagli esami autoptici - era ancora in vita, ed è infine morta asfissiata dalla terra e dal fango, ma senza che questo crimine efferato fosse stato, secondo l’interpretazione del giudice, pianificato ed organizzato ad hoc dal reo. E’ rimasta così accolta parzialmente la tesi dei difensori di Niero, che avevano avanzato anche l’ipotesi dello stato d’ira e dell’incapacità parziale di intendere e di volere al momento del fatto. Trent’anni, quindi: ed è escluso il concorso tra delitti perché si tratta di un concorso apparente, considerato che il reato di procurato aborto deve ritenersi ‘assorbito’ in quello di omicidio. Una questione di interpretazione di norme giuridiche, si dirà. E nel frattempo gli avvocati difensori di Niero si preparano a ricorrere in appello.

mercoledì 6 gennaio 2010

Cocche vvota chiuveva e cuanno chiuveva, cu 'o sole aret 'e nnuvole, eran' cazz' 'a kakà!

Diciamolo per dire, ma davvero anche questo Natale è passato, portandosi appresso tutto il vecchio anno con il quale, per quanto mi riguarda, avevo già chiuso con un anticipo tremendo. Quello che si è portato appresso, invece, l’anno passato, sono storie e persone, vicende, e tutta una serie di giorni futuri che non avremo più a vedere.
E già l’ho sentito brontolare, stanotte, il nuovo anno quando ha realizzato ciò che il vecchio gli aveva lasciato. Sentivo un brusio che mi guastava il dormiveglia, un bisbiglio di lamento, la litanìa di una voce lontana: “Faciteme capè io mò c’avessa fa? … Ma vuje verite ch’ m’aveva capità a me! … E nun se fa accusì! … Io un anno sono, questo tempo tengo!!!
E dici bene tu chè un anno è poco’: così pensavo io e mi tacevo. E ascoltando e partecipando dello sconforto del nuovo -che quasi mi sembrava volesse abdicare tanto lo strazio che pronunciavano le sue parole- intanto non dormivo e ricordavo pezzi di intonaco bianco: “Le aperture suggeriscono varchi. Ma il fetore, solo vicoli ciechi.” E più pensavo e più non dormivo, e più non dormivo e più pensavo.
E così procedendo, è da ieri mattina che sono sveglia.